20 dicembre 2011

RAYMAN: METAFORA DEI VIDEOGAMES ODIERNI?











Ricordo bene il giorno in cui, preso dall'entusiasmo per la notizia di un ritorno alle origini della mascotte made in Ubisoft, scaricai e provai la demo di "Rayman: Origins". Mi bastarono pochi secondi per capire che quel gioco era un gioco eccellente, magico e carismatico. Sarà un successone di vendite, mi dissi. Ad avallare il mio pensiero ci furono recensioni entusiastiche, commenti sui forum di utenti rapiti dalla produzione Ubisoft e file di giocatori disposti, a parole, a comprarlo al Day 1.

Arrivato il D1, però, tutto si sgonfiò e le vendite non arrivarono, trasformando "Rayman: Origins" in un vero e proprio flop videoludico. Scarsissime vendite in Europa (non è arrivato nemmeno tra i primi 40 giochi nella classifica di vendite Inglese) e risultati ancor peggiori negli Stati Uniti (solo 50'000 misere copie vendute nella settimana di lancio) hanno convinto Ubisoft ad abbassare il prezzo di copertina di Rayman a meno di 1 mese dalla sua uscita.

Ma cosa diavolo è successo ?
Facile la risposta. In poche parole "Rayman: Origins" non è stato altro che l'ultima delle vittime di questa generazione videoludica. Generazione nella quale il numero di "casual gamers" ha di gran lunga sorpassato il numero di giocatori meno superficiali. Le Software House (tra cui paradossalmente la stessa Ubisoft) stanno capendo inoltre che è più conveniente e redditizio scommettere su brand più "ignoranti" ma ben pubblicizzati e farne uscire un capitolo dopo l'altro con cadenza annuale facendo modifiche marginali. Poco rischio, alto ricavo ed effetto ammortizzazione dei costi di produzione più che ottimo. Ecco dunque che FPS come "Modern Warfare 3" abbattono tutti i record di rapidità di vendita, giochi sportivi come "Fifa" (ogni anno un semplice aggiornamento delle rose, siamo onesti suvvia) fanno il tutto esaurito e giochi discreti (non pessimi sia chiaro) come Assassin's Creed riescono a creare profitti enormi.

Poi ci si chiede come mai le Software House continuino a produrre sempre gli stessi giochi e non rischino qualcosina in più. Alla fine sono aziende con dipendenti che vanno pagati e, giustamente, il profitto è il loro scopo primario (non sono certo degli "enti no profit per la salvaguardia della cultura videoludica"). Seguono l'onda piuttosto che "educarla" ed è giusto sia così. Questo, però, porta ad un appiattimento verso il basso del livello qualitativo dell'industria videoludica.

Dopo quello che è successo all'ottimo "Rayman: Origins" perchè un'azienda videoludica dovrebbe rischiare e guadagnare poco (e forse), quando può con pochi sforzi guadagnare molto e senza rischi ?

2 commenti:

  1. Vincenzo8821/12/11 13:17

    Interessante spunto. Credo anch'io che stia succedendo una specie di ignorantizzazione dei giocatori. Purtroppo grazie a Wii Sport e simili i giocatori della domenica si sono moltiplicati e questi sono i risultati

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  2. Bellissimo articolo, complimenti. Riassume l'entità del problema qualitativo videoludico in modo chiaro e conciso. Sono d'accordo con te in ogni tua analisi, ma aggiungo: la colpa maggiore è degli acquirenti ignoranti odierni, ma anche le software house hanno la possibilità di rendersi più furbe se vogliono vendere un prodotto meno "famoso". Un esempio? Se in Rayman Origins avessero inserito un solo coniglietto dei Rabbids sulla copertina (per fargli fare semplicemente la comparsa, sia chiaro), quante copie in più avrebbero venduto? A mio parere tantissime. Peccato... perché questo, a detta di tutti, è un gran gioco e conservo ancora incartata la mia copia in attesa di giocarci.

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