28 marzo 2012

Dio è un programmatore ?



Sono sempre stato affascinato da modi di pensare alternativi e "laterali" che dessero spiegazioni diverse, ma allo stesso tempo coerenti e verosimili, a fenomeni a noi già ben noti o completamente sconosciuti. La ricerca di risposte a temi come l' origine dell' universo, la forma e le dimensioni del cosmo, il funzionamento delle cose, riesce infatti sempre a rapire del tutto la mia attenzione. Sia ben chiaro comunque. Trasmissioni come Voyager per me sono vera e propria spazzatura. Trovo essenziale che la fonte di tali teorie sia il più possibile affidabile e competente, e non uno scrittore in cerca di facili guadagni attraverso vendite di libri o dvd.

Ma cosa c'entra tutto questo con un blog incentrato sul mondo videoludico?

Tra le tante teorie che mi è capitato di leggere, una mi ha particolarmente incuriosito e destato la mia attenzione da videogiocatore. Una delle domande più ostiche alle quali l'uomo ha sempre cercato di trovare risposta è senza dubbio l'esistenza o meno di un Creatore, una divinità che ci ha creato e che per molti influenza le nostre vite quotidianamente. La scienza, tuttavia, ha sempre "fatto a pugni" con l'idea di un universo governato da leggi teologiche preferendo a queste le leggi della fisica, definendo Dio come una sorta di "riempitivo" che và a colmare ciò che l'uomo non è (ancora) in grado di spiegare.

Nonostante ciò, un fisico di riconosciuta competenza e serietà, tale Richard Terrile, è convinto di aver trovato una risposta a questo millenario quesito tirando in ballo nientedimeno che il mondo dei videogiochi!
Lo ammetto, sulle prime ho storto un pò il naso. Poi però, vuoi a causa della riconosciuta stima internazionale dell'autore (doppia laurea in astronomia e fisica, collaborazione a progetti della Nasa e protagonista di diverse scoperte in ambito astronomico), vuoi per la logica che vi è dietro, mi sono dovuto ricredere ed ascoltare con interesse una teoria che riesce, quantomeno, a suggerire una visione alternativa e maledettamente intrigante dell'eventuale esistenza di Dio.

Richard Terrile prende in esame il gioco "The Sims" e cerca di fare un parallelismo tra quell'universo creato dai programmatori ed il nostro. Un Dio, se esiste, dovrebbe avere la capacità di creare un mondo a suo piacimento, plasmarlo, osservarlo e, volendo, sconvolgerlo baypassando qualsiasi legge fisica esistente. In "The Sims" gli sviluppatori non hanno fatto altro che questo. Hanno infatti creato un piccolo mondo, con leggi ben definite, all'interno del quale hanno poi inserito delle persone che si comportassero in maniera diversa le une dalle altre e che prendessero decisioni con un certo livello di autonomia. E' ovvio che si tratta di decisioni programmate. Decisioni che nemmeno lontanamente si avvicinano alla mente umana. Computer e cervello, oggi, sono ancora su due piani completamente diversi e per nulla paragonabili.

Ma è qui che Terrile cita la "Legge di Moore". L'astro-fisico americano è ben conscio che il settore videoludico ed informatico sta facendo passi da gigante in termini di velocità di calcolo e di avvicinamento delle simulazioni alla realtà. Immagini fotorealistiche, comportamenti dei personaggi sempre più complessi e verosimili ed una fisica sempre più paragonabile alla nostra, sono caratteristiche che col tempo non faranno che migliorare ed affinarsi. Secondo la "Legge di Moore", infatti, le prestazioni dei processori raddoppiano ogni 18 mesi e questo non porterà ad altro che a simulazioni sempre più verosimili e a personaggi i cui comportamenti diventano sempre più autonomi, complessi e realistici asottigliando col tempo quel divario che c'è tra cervello umano e computer. Terrile si chiede dunque cosa accadrà quando si potranno creare dei Sims talmente realistici nei comportamenti e nell'aspetto da rendere la linea di demarcazione tra esseri umani ed esseri elettronici del tutto trascurabile. La creazione di una intelligenza artificiale per molti è solo questione di tempo e i videogiochi simulativi possono diventare il mondo in cui questa prende vita.

Potrà dunque l'uomo in futuro creare all'interno di computer dei mondi del tutto simili al nostro e farli abitare da esseri senzienti governandone a piacimento le leggi della fisica ed i loro destini divenendone, a tutti gli effetti, gli Dei ?

Secondo Terrile sì e anzi, azzarda qualcosa di più complesso e coraggioso. Se la scienza potrà dimostrare attraverso questa teoria l'esistenza di un Creatore, magari questo esiste già da ora e noi non siamo altro che dei Sims, programmati ed "inseriti" all'interno di un mondo virtuale iper-realistico governato da un Dio seduto ai comandi di un super computer.


Trovo la teoria davvero affascinante e logicamente ineccepibile. Terrile non fa altro che farci notare che in futuro, grazie all'incremento delle capacità di calcolo dei computer, potremo creare simulazioni sempre più verosimili (e questo è sotto gli occhi di tutti grazie al susseguirsi delle produzioni videoludiche) sino a creare mondi reali all'interno di computer. Partendo da questa ipotesi, del tutto plausibile, Terrile non fà altro che scambiare i ruoli e proiettare noi all'interno di quei super computer e mettendoci un gradino sotto a chi ci ha programmati facendolo divenire il nostro Dio.

17 marzo 2012

Videogiocatori o Beta-Tester ?










 La globalizzazione è senza ombra di dubbio il fenomeno che più ha cambiato (e sta cambiando) il modo in cui, oggi, tutti noi viviamo.

Tra le varie definizioni create per descriverla, ce ne è una che mi ha sempre intrigato. La globalizzazione, secondo alcuni, non è altro che quel fenomeno attraverso il quale si è venuta a creare una drastica diminuzione dei tempi in cui avvengono i vari eventi economici e sociali (siano essi i tempi di percorrenza, di comunicazione, di produzione e così via).
Questo ha portato ad una netta ridimensionata delle distanze "fisiche" (rimpicciolendo a tutti gli effetti il mondo in cui viviamo) e ad un accorciamento dei tempi di comunicazione (basti pensare alle illimitate possibilità del Web). Ma non solo. La globalizzazione e la velocità con cui avvengono tutti i processi che prima richiedevano tempistiche sensibilmente più lunghe, hanno trasfomato il tempo in un vera e propria leva competitiva della quale le aziende non solo devono tener conto, ma che, addirittura, possono utilizzare a loro vantaggio per sopravvivere alla sempre più spietata concorrenza.

Perchè vi racconto tutto ciò?
Semplice. L'idea di scrivere questo articolo nasce dal fatto che il settore videoludico negli ultimi anni pare proprio aver recepito bene questa lezione e che, anzi, ne abbia esasperato i modi in cui applicarla.

Le conseguenze sono ormai, da qualche periodo, sotto gli occhi di tutti.
Produzioni che vengono annunciate e commercializzate alla velocità della luce. Brand che escono con un nuovo capitolo della serie ogni 11/12 mesi. Titoli che in poco tempo vedono il loro prezzo crollare anche del 70-80%. Tutto è una conseguenza dell'accorciamento dei tempi imposti dal mercato. Ma cosa c'è di male in questo? Cosa c'è di male se i giocatori vedono pubblicate decine e decine di videogames in poco tempo? Bhe io direi un bel niente! I giocatori, stando così le cose, avrebbero a disposizione più titoli e prezzi più convenienti nel caso in cui non acquistino al D1.

Purtroppo non è tutto rose e fiori. E' evidente che il mercato videoludico non riesce a stare dietro a questi tempi così ristretti e le prove sono sempre più lampanti.

Mese dopo mese, infatti, risulta sempre più chiaro che i publisher, per stare dietro a queste tempistiche sempre più strette, costringono i produttori a sviluppare i propri prodotti in tempi non sufficienti. Ecco che dunque vediamo commercializzati titoli che già al D1 hanno bisogno di fix e patch di vario tipo. Errori di programmazione e affini che sarebbero stati facilmente individuati e corretti se si avesse avuto maggior tempo per testare il proprio prodotto. I casi più recenti e palesi sono quelli di "Mass Effect 3" e "Skyrim". Se per il secondo l'enormità del mondo di gioco rende impossibile una reale assenza di bug (alcuni abbastanza randomici e nascosti), incomprensibile rimane nel primo caso, il bug della missione dell' "Accademia Grissom" che a tutti gli effetti risulta essere un passaggio abbastanza cruciale al fine di concludere al 100% il gioco.



 
Se si crede che ciò accade solo a produzioni piuttosto grandi, ci si sbaglia di grosso. Anche giochi più "semplici" come il recente "Street Fighter X Tekken" è riuscito ad essere pubblicato con alcuni piccoli, ma fastidiosi, bug (su tutti quello relativo al sonoro dell'on-line completamente fuori sincro).

Le Software House (ma mi permetto di dare la maggior parte della colpa ai publisher che spingono sui tempi) hanno ben capito che è meglio uscire con un gioco "incompletato" (o quantomeno non testato con la giusta attenzione) e, solo dopo, aggiustarlo attraverso aggiornamenti online. Si risparmia tempo, denaro (testare approfonditamente un gioco costa!) e si riesce a raggiungere quel "Time to Market" che sempre più è diventato un fattore strategico vitale per le società odierne.

Detto ciò comprendete che qualcosa che non và c'è ... eccome. Avere un gioco pubblicato senza problemi o bug vari è sempre più raro. Per questo comprare al D1 inizia a divenire pian piano un mero lusso che solo i fan di quel determinato brand o saga possono (vogliono?) permettersi. Conviene sempre di più attendere un calo dei prezzi (che come anticipato sta divenendo un fenomeno rapidissimo) ed acquistare il prodotto a distanza di qualche settimana con magari la patch o il fix già rilasciati.


Mass Effect 3 è solo l'ultimo esempio di giochi pubblicati con Bug evidenti sin dal D1


Purtroppo non credo che in futuro le cose cambieranno. Anzi. Con l'aumentare della complessità dei videogiochi, i vari errori e bug saranno sempre più difficili da riscontrare durante i test in fase di pre-commercializzazione. Ma non è questo a spaventarmi. Finchè si tratta di passaggi più o meno secondari del gioco lo comprendo e lo accetto. Se però la presenza di errori vari nel prodotto scaturisce dalla (voluta) poca attenzione, dalla volontà di pubblicare il prima possibile i propri giochi e dalla ricerca di una diminuzione dei costi, allora non mi va giù. Comprare un gioco incompleto a prezzo pieno (per quanto possa essere ben realizzato) è una presa in giro.

Mi mancano i tempi in cui passavano mesi e mesi dall'annuncio di un gioco alla sua pubblicazione. Lo aspettavi, lo desideravi, lo bramavi. Quando usciva però era perfetto (o quasi per carità), era un piccolo gioiello in cui il sudore dei programmatori grondava da ogni singolo pixel. Quei tempi sono passati. C'è una globalizzazione che restringe sempre di più i tempi e lanciare un gioco con qualche settimana di anticipo può fare la differenza tra un flop di ricavi ed una colata d'oro nelle tasche dei Publisher.


8 febbraio 2012

RECENSIONE: Uncharted 3 L'inganno di Drake











Quando si arriva al terzo capitolo di un brand videoludico è sempre difficile confermarsi e ripetere i successi dei precedenti episodi. Questo accade di solito perchè si sono finite le idee, perchè ci si adagia sugli allori o perchè l'effetto novità tende a svanire. Come è logico pensare, il tutto diventa enormemente più complicato nel caso in cui i due precedenti capitoli abbiano fatto negli anni razzia di premi ed elogi da parte di pubblico e di critica. I casi d'esempio si sprecano e sono ormai un clichè tipico del settore videoludico quanto di quello cinematografico.
Naughty Dog è tuttavia una SoftwareHouse esperta ed abituata alle sfide. Brand come Crash Bandicoot e Jak & Daxter sono infatti riusciti ad arrivare al terzo capitolo senza sentire il peso degli anni e senza mai annoiare. Riuscirà anche Nathan Drake a seguire le orme dei simpatici Crash e Daxter ?


TRAMA
Nella serie Uncharted, la trama è stata a tutti gli effetti la colonna portante che è riuscita ad elevare il brand da semplice videogame a film interattivo. Storie plausibili, personaggi carismatici, location accattivanti ed eventi storici utilizzati ed inseriti ad opera d'arte, sono riusciti a trasformare Nathan Drake in un novello Indiana Jones videoludico. In "Uncharted 3: L'inganno di Drake" tutto ciò ritorna. Questa volta saremo catapultati alla ricerca della leggendaria città di Ubar, meglio nota come "Atlantide del Deserto". Il mito vuole che questa fosse una delle città più
ricche dell' Arabia pre-islamica. Descritta nel Corano stesso, si narra che le enormi ricchezze accumulate e l'arroganza eccessiva degli abitanti, provocò la rabbia di qualche divinità che, per punizione, la fece sprofondare nel deserto.
E' evidente ormai che alla Naughty Dog si abbia un debole per le città leggendarie risucchiate nel nulla. Ci aveva già provato con El Dorado nel primo capitolo della serie (consegnandoci una rilettura molto interessante) e con Shangri-La nel secondo.
Iniziando l'avventura di questo terzo capitolo si comprende sin da subito che un ruolo centrale verrà interpretato da quell'anello che siamo stati ormai abitati a vedere legato al collo di Nathan e che per tanti anni è stato da lui gelosamente custodito. Questo sarà infatti una chiave per ritrovare la città perduta di Ubar e, come è ovvio che accada, molti vogliono metterci le mani sopra. E' proprio qui che si inserisce l'antagonista del gioco: una anziana signora d'affari inglese molto distinta ma allo stesso tempo spietata. Si scoprirà essere una vecchia conoscenza di Sully e questo ci darà modo di andare a scavare nel suo passato e scoprire le origini dell'amicizia che lega ormai da decenni Nathan ed il suo mentore. Gli eventi ci porteranno a girare le location più disparate, passando da ambientazioni a noi più familiari (come i vicoli di Londra o un castello in Francia) ad ambientazioni più orientali ed affascinanti (come lo Yemen e la Siria). Nostro compito sarà quello di seguire le tracce di Sir Francis Drake che, secoli addietro, aveva impiegato sin troppi mesi per navigare un breve tratto di mare nel Sud-Est Asiatico. E' ovvio che voleva tenere nascosto qualcosa...ma cosa?

A conti fatti la trama risulta molto buona. I colpi di scena non mancano, gli spunti sono interessanti e gli eventi storici inseriti coerenti e ben amalgamati con la trama. Tuttavia, rispetto ai passati episodi, sembra essere tutto raccontato troppo di corsa. Non ci si sofferma con la giusta calma sui punti cardine della storia, lasciando spesso un pò l'amaro in bocca per alcuni spunti che avrebbero meritato, forse, una narrazione più ispirata e meno caotica. Inoltre il tutto sembra risolversi in maniera troppo sbrigativa. Una volta arrivati alla città nascosta il gioco è praticamente concluso e non ci darà la soddisfazione di gustarci la nostra meta o scoprire di più sulla sua storia. Come è ovvio che sia è il viaggio ad essere il protagonista e non certo la meta, eppure mi aspettavo qualcosa di più epico una volta arrivato, dopo tante peripezie, nella città di Ubar.
Non fraintendete, "Uncharted 3: L'inganno di Drake" risulta un gioco con una trama eccellente e ben superiore (e di molto) alla media. Tuttavia viste le punte raggiunte del predecessore ci si poteva aspettare qualcosina di più soprattutto dal punto di vista narrativo.

Voto: 9


GAMEPLAY
Grazie ad "Uncharted 2: Il covo dei Ladri", Naughty Dog riuscì a migliorare e rendere quasi perfetto il già ottimo sistema di gameplay visto nel primo capitolo della serie. Aggiunse infatti fasi stealth, implementò fasi di fuga cinematografiche con la telecamera che riprendeva Drake frontalmente mostrandoci cosa accadeva alle sue spalle e affinò tutte le altre caratteristiche (dal sistema di copertura, al sistema di mira, a quello di arrampicata). La serie raggiunse così un livello di eccellenza di tutto rispetto. Quando succede questo, aspettarsi ulteriori miglioramenti da un nuovo capitolo risulta essere ingenuo, quasi stupido. Migliorare un sistema già ottimo può essere impossibile. Nonostante ciò Naughty Dog, che fà delle sfide la propria filosofia di vita, ha comunque provato a migliorare e portare qualche novità in "Uncharted 3: L'inganno di Drake".

Quella che risulta la più lampante è sicuramente l'implementazione di un sistema di combattimento corpo a corpo più profondo rispetto al passato. Ora, infatti, oltre a premere il tasto azione, dovremo premere i pulsanti al momento giusto per schivare i pugni avversari, potremo utilizzare oggetti vicini per mettere ko l'avversario o decidere di spingerlo per poi finirlo a suon di pallottole. Il sistema è simile a quello visto nella serie Batman della Rockstar, ma purtroppo enormente lontano da esso in termini di precisione e qualità. Gli scontri corpo a corpo, infatti, li ho trovati eccessivamente noiosi, ripetitivi, poco fluidi e male amalgamati con le sparatorie. Insomma una buona idea che poteva essere realizzata meglio. Per il resto tutto rimane pressocchè immutato, compresa l'inesistenza di una intelligenza artificiale decente. Niente drammi però. Stiamo parlando di uno dei gameplay migliori del genere che grazie ad arrampicate, sparatorie, fasi stealth e sistema di copertura superbo riesce a far impallidire molte produzioni concorrenti. Tengo infine a notare che spesso la scelta di Naughty Dog in questo capitolo è stata quella di avvicinarsi troppo ad una sperimentazione cinematografica delle scene lasciando, a volte, al giocatore il solo scopo di correre per un corridoio in fiamme o che si riempie di acqua. Per carità la scelta è splendida ma forse troppo utilizzata durante l'avventura e con scene troppo lunghe che lasciano il videogiocatore giocare poco e guardare molto.

Voto: 9


GRAFICA
Qui sarò breve ed eviterò inutili giri di parole. "Uncharted 3: L'inganno di Drake", dal punto di vista della realizzazione grafica, è, ad oggi, il punto più alto raggiunto nella storia del settore videoludico. Su questo ci sono pochi dubbi. La realizzazione dei tessuti e delle location orientali è eccezionale, gli scorci del paesaggio rapiscono completamente il giocatore i cui occhi corrono veloci lungo una linea dell'orizzonte mai così vasta e pulita, i giochi di luce rendono ogni città o anfratto vivo e palpabile rendendo l'esperienza di gioco estremamente immersiva ed immedesimante. In questo capitolo la stessa Naughty Dog non ha fatto mistero della volontà di approfondire meglio la realizzazione della sabbia e del fuoco, risultato che a ben vedere lascia a bocca aperta. L' "esilio" di Drake nel deserto è sicuramente, dal punto di vista visivo, una delle esperienze videoludiche migliori di sempre.

I miglioramenti rispetto al secondo capitolo ci sono. Non sono evidenti come quelli visti tra il primo ed il secondo, ma ci sono. Tuttavia mi preme notare come alcuni punti siano stati un pò presi sotto gamba dalla Software House americana. La realizzazione di alcuni volti risulta davvero insufficiente. Uno su tutti, quello dell'antagonista principale del gioco, Katherine Marlowe. Un viso che sembra fatto di pongo, con una espressività troppo limitata stona davvero troppo in tanta qualità visiva. Per il resto, nonostante alcuni alti e bassi dovuti probabilmente anche ad alcune scelte registiche non felicissime, siamo davanti ad uno spettacolo per gli occhi che risulta essere il paradigma a cui affidarsi per constatare a quale punto tecnologico siamo arrivati oggi in ambito videoludico. Mi spiace non dargli 10 a causa di alcune pecche, ma la perfezione è una cosa che non appartiene a questo mondo...Naughty Dog comunque si è avvicinata molto.

Voto: 9,5


SONORO
E' ormai risaputo da tempo che in ambito videoludico un capolavoro non si costruisce solamente a suon di pixel o con una buona sceneggiatura. Il comparto sonoro ha sempre più caricato su di sè una importanza decisiva nel far innamorare i fan di un videogame. Non poteva dunque che essere di buon livello anche questo comparto nell'ultima fatica della Naughty Dog. Le musiche sono sempre immersive ed ispiratissime, passando da temi molto esotici che ben si sposano coi suq Yemeniti, a temi dal sapore estremamente medio-orientale che da soli riescono a scaraventare il giocatore in un luogo pieno di misteri, sapori ed odori come solo il deserto e le sue carovane possono avere. Ritroveremo anche qui la classica "Nate's Theme" che ormai da anni ci accompagna, alla quale si affiancano decine di altre musiche che meriterebbero tutte di essere nominate e linkate. Un lavoro orchestrale ottimo dunque al quale si accompagna un doppiaggio (localizzato completamente in italiano) ottimo. Le battute di Sully, la voce soave di Elena e quella strafottente di Nathan non fanno altro che dare ulteriore carisma ai personaggi. Infine qualche parola per l'effettistiche che risulta essere nella media relativamente alle esplosioni e agli spari e qualcosina di più relativamente ai suoni di affanno del protagonista durante le fughe o durante gli scontri.

Voto: 9,5


TROFEI
La serie ci ha già abituai ad una lista Trofei non eccessivamente ostica da completare. Alla fine risulta essere la medesima dei capitoli precedenti (trovare i vari tesori, eseguire particolari numeri di uccisioni e così via). Nulla di nuovo dunque. Quindi, a conti fatti, basta mettersi un pochino di impegno, magari con l'aiuto di qualche guida online o cartacea, per platinarlo con calma e senza troppe imprecazioni contando inoltre il fatto che con una singola run si può raccogliere un buon 75% dei trofei.













"Uncharted 3: L'inganno di Drake" riesce nel difficile intento di non sfigurare davanti al suo ottimo predecessore. Tuttavia a causa di una trama intrigante, ma raccontata in modo meno convincente, e scelte di gameplay non perfettamente implementate (su tutti i combattimenti corpo a corpo e un eccessivo utilizzo di scene poco interattive come le fughe di corsa) non riesce a superare quello che a mio avviso rimane il miglior gioco della serie e sicuramente uno dei migliori giochi di sempre. Ma non fraintendete. Uncharted 3 è un gioco maledettamente eccezionale, che entra a testa alta nell'Olimpo delle pietre miliari videoludiche. Una grafica incredibile, un gameplay solido e divertente, un comparto online vario e longevo, una colonna sonora da premio Oscar e una trama ben al di sopra della media, lo rendono un gioco per il quale sarebbe giustificato l'acquisto di una console. Assolutamente da sottolineare infine il tributo più o meno voluto fatto ad un capolavoro cinematografico come "Indiana Jones e l'ultima crociata" attraverso la scena dell'inseguimento della carovana nel deserto, che  consacra Nathan Drake a tutti gli effetti come novello Harrison Ford videoludico. Probabilmente per come ci ha abituati Naughty Dog, non vedremo un seguito di questo suo capolavoro su console. Un peccato, ma meglio ricordare un brand nel suo splendore che vederlo scemare anno dopo anno.


13 gennaio 2012

RECENSIONE: Rayman Origins











Potrei scrivere righe su righe per introdurre "Rayman: Origins", parlare dell'importanza che ha avuto il genere platform nella storia dei videogiochi o lamentarmi dell'arrivo del 3D che ne ha segnato una morte quasi annunciata. Salterò tutti questi discorsi per evitare di essere troppo dispersivo, eppure qualche parola me la dovete pur concedere.
Chiunque abbia amato i vecchi platform 2D sin dai tempi del Nintendo Nes non può certo negare di non aver mai fantasticato su come quel classico, quasi obsoleto, genere videoludico potesse risultare oggi sfruttando tutta la potenza delle console odierne. Il dubbio mi ha afflitto per molto tempo (bhe ora sto esagerando) vedendo pubblicare nel corso degli anni svariati titoli senza solelvarmi da questo dubbio. Dopo molto tempo però, grazie ad Ubisfot ed al suo Rayman, tutti i miei dubbi sono spariti. Dopo aver venduto migliaia di copie del suo brand di punta (ovviamente mi riferisco ad "Assassin's Creed Revelations"), infatti, la Software House francese ha provato a togliere dalla naftalina la sua mascotte per eccellenza, ha eliminando i simpatici, ma francamente inutili, Rabbids e ha ripescato nel suo cilindro quelle classiche meccaniche 2D che tanto avevano appassionato migliaia di fan.


TRAMA
Come in ogni platform che si rispetti, anche in "Rayman: Origins", la trama è completamente superficiale, semplice e scanzonata. E' talmente "easy" che francamente, detto tra noi, non la ho nemmeno capita molto bene, ma cercherò comunque di sintetizzarla.
Rayman e la sua combriccola di amici non fanno altro che oziare dalla sera alla mattina, mangiando e dormendo tutto il tempo. Una pacchia insomma. Però tutto questo dormire (e russare!) presto infastidisce alcune oscure creature sotterranee che decidono dunque di infestare il mondo di Rayman e spezzare quell'idilliaca pace in cui i nostri amici erano immersi. Fine.


Insomma niente di che. E' ovvio però che che non è la trama ciò che interessa in un gioco del genere. I suoi punti di forza sono ben altri come il gameplay o l'impatto visivo. Evito dunque di dilungarmi in questo paragrafo e procederei spedito al comparto gameplay.

Voto: 6


GAMEPLAY
Con "Rayman: Origins" la Ubisoft non è voluta scendere a compromessi. Nella sua produzione, infatti, il team francese ha deciso di mantenere inalterato in tutto e per tutto il classico gameplay che rese famoso negli anni '90 il genere platform. I comandi prevedono infatti solo 3 tasti (uno per il salto, uno per colpire i nemici ed uno per la corsa). Un sistema estremamente semplice dunque, eppure estremamente profondo e maledettamente giocabile. La risposta grazie ai 60 frame al secondo è sempre precisa dandoci la possibilità di misurare i salti ed i movimenti al millimetro (cosa che sarà essenziale nel livello nascosto del gioco).
Si era parlato poco sopra di nessun compromesso, ma purtroppo ho dovuto dire una mezza bugia. In realtà Ubisoft su un fattore ha dovuto cedere ed è forse il peggior difetto di questo ultimo capitolo di Rayman: il gioco è troppo, troppo, troppo facile. Dopo un entusiasmo iniziale, infatti, si viene sopraffatti da una sensazione di noia e ripetitività eccessivamente marcata. Purtroppo l'assenza di sfida porta ogni livello ad essere giocato allo stesso modo. Una corsa continua, monotona e assurda da un punto A ad un punto B. Raccogli qui, salta lì, tira due pugni al tuo amico... La sensazione costringe il giocatore a fare partite che non oltrepassano i 30/40 minuti oltre i quali un pesante crollo mentale denominato "sonno" potrebbe fargli cadere il pad dalle mani. Solo poche scelte azzeccate riescono a spezzare il ritmo di gioco. Ottime sono infatti i livelli subacquei ed i livelli in cui bisognerà dare la caccia ad un forziere poco propenso a farsi aprire.



Il voto se stessimo a quanto detto qui sarebbe bassino. La qualità del gameplay però è troppo eccelsa per essere sprecata così. Sarebbe come avere una Ferrari e andarci in giro facendola trainare da due buoi.Grazie al cielo però Ubisoft ha posto un limite al suo livellamento verso il basso della difficoltà della sua produzione. Già nella seconda parte infatti, sorpassati i livelli intermedi e sbloccate tutte le capacità (come per esempio la planata o la corsa sulle pareti) si torna a rivedere un pò di luce. Questo miglioramento cresce col passare del tempo sino a raggiungere il suo apice nel livello segreto chiamato "Terra dei morti lividi" e che potete vedere nel video sopra. Questo mondo nascosto (disponibile raccogliendo i 10 divertentissimi diamanti gelosamente custoditi da 10 scrigni viventi) risulta essere senza alcun dubbio uno degli apici (l'apice?) del genere platform di sempre. Un livello di difficoltà davvero ostico (davvero molto) ci farà comprendere realmente quali siano le capacità e la profondità di gameplay che Ubisoft ha voluto nasconderci per 3/4 del gioco. Risposta dei comandi precisissima, fluidità sconosciuta al 90% delle produzioni videoludiche e un senso di sfida appagante pongono Rayman al fianco di mostri sacri come SuperMario o Sonic.
Purtroppo tale qualità arriva tardi e solamente in quest'ultimo livello e dunque la povera Melanzana deve accontentarsi, a causa delle scelte della SoftwareHouse francese, di rimanere un gradino sotto al simpatico porcospino della Sega e all'idraulico made in Nintendo.

Voto: 8,5


GRAFICA
Appena iniziato a giocare, il comparto grafico di "Rayman: Origins" ti rapisce totalmente. Questo grazie ad una scelta di colori molto brillanti, super saturi e sempre vivaci. Una esplosione di colore dunque che, grazie  ai suoi 1080p nativi, riesce a stupire per qualità e varietà. A tutto ciò si aggiunge una scelta di fondali e di scenari estremamente azzeccata e la cui realizzazione è estremamente ben eseguita  e sempre varia (vi assicuro che non sarà raro soffermarsi in un determinato momento del gioco a gustarsi i fondali di alcuni livelli). Per il resto le animazioni dei personaggi sono semplici ma ben realizzate e gli intermezzi video risultano soddisfacenti e pieni di carisma. Non trovo nient'altro da aggiungere se non il fatto che "Rayman: Origins" è sicuramente uno spettacolo per gli occhi.

Voto: 9


SONORO
Già detto spesso. Una delle caratteristiche del genere platform che preferisco vi è la colonna sonora. Giochi come Super Mario, Tombi, Sonic ci hanno abituato da tempo immemore a motivetti orecchiabili e indimenticabili. Ubisoft col suo "Rayman: Origins" non è da meno. La varietà delle theme è notevolissima e nella maggior parte dei casi risultano dannatamente orecchiabili ed adatte ad alle varie situazione del gioco. Ci saranno temi rilassati e tranquilli adatti agli stage marini ("Lums of the Water"), temi più rapidi per quei livelli in cui la corsa è il fattore portante ("Chasing a Dream"), temi semplici per le mappe che sono delle piccole perle ("WorldMap: Sea of Serendipity") e temi più "seriosi" per i Boss ("Murray of the Deep"). Lascio voi il piacere di scoprire tutte le altre Theme consigliandone sicuramente l'ascolto anche davanti al pc.
Passando all'effettistica sonoro questa è sicuramente ben realizzata con i versi dei nostri amici che ci strapperanno qualche sorriso e con alcuni colpi di genio come i vari "The Lum King" che appare nel momento in cui libereremo i vari Re dei Lum sparsi per i livelli e del quale ne esistono più di una versione a seconda del mondo o dello stage in cui ci troviamo.
Senza dubbio un ritorno ai fasti di un tempo del genere anche da questo punto di vista. Un applauso a Ubisoft.

Voto: 9


TROFEI
"Rayman: Origins" è un gioco che si fà platinare con piacere. In una partita veloce dando poco peso alla raccolta dei trofei ed alla scoperta dei vari segreti, si riesce a raccogliere un 30% circa degli obiettivi totali. I rimanenti riguardano il completare tutti i livelli raccogliendo tutti i vari Electoons intrappolati, sbloccare i livelli segreti o eseguire qualche missione particolare. Questo compito tuttavia non pesa assolutamente perchè viene spontaneo, una volta concluso il gioco, andare a rigiocare gli stage già affrontati e cercare tutti quei piccoli segreti nascosti qui e là. Purtroppo manca un trofeo apposito per le "coccarde" (se ne riceve una per livello raccogliendo parecchi Lum) e la cosa rende platinabile il gioco anche senza completarlo realmente al 100%. Un peccato per i giocatori più incalliti, ma sicuramente non un dramma.






Un gioco come "Rayman: Origins" ha bisogno di ore di gioco per essere assaporato nella sua vera, strampalata e pazza essenza. Non bastano pochi minuti per comprenderlo a fondo insomma.
"Rayman:Origins" è un gioco dalle capacità eccezionali. Un gameplay incredibile ed una scelta artistica contro-corrente (stupendi molti scorci, la scelta dei Boss e delle musiche) darebbero a Rayman il pieno diritto di sedere a testa alta nell'Olimpo dei Platform. Eppure ciò non accade. La scelta di Ubisoft di abbassare in modo sconsiderato il livello di sfida ne decreta la lacuna più grande e pesante. Tuttavia, fortunatamente, i produttori hanno deciso di mettere a disposizione un mondo nascosto dove l'anima vera di Rayman esce fuori in tutto il suo splendore. Un mondo destinato solo agli appassionati e nel quale i semplici "brainless gamer" non possono approdare (non facilissimo sarà infatti raccogliere i 10 diamanti gelosamente custoditi dai 10 scrigni sparsi per il gioco).
Il consiglio è dunque quello di mettersi di impegno, consumare il tasto adibito alla corsa e raggiungere i 10 scrigni per viversi il "Mondo dei Morti Lividi".
Perchè, seriamente lo dico, se non avete provato questo mondo nascosto, non avete giocato a "Rayman: Origins".

5 gennaio 2012

Fidarsi delle recensioni dei piccoli siti?









A seguito della buona accoglienza ricevuta da "Fidarsi delle recensioni dei grandi siti?" (link), ho deciso di scrivere un nuovo articolo che analizzasse non più i grossi Big Site con migliaia di utenti registrati, ma piuttosto quella serie di medio/piccoli siti che ad essi si affianca.

Ciò che balza subito alla mente pensando a questi siti web sui videogames è che essi, non avendo pressioni da parte di nessuno (Pr, Publisher o Sponsor), siano una sicura fonte di informazione imparziale e affidabile.
Ho provato sulla mia pelle che, spesso e volentieri, così non è.

Desideroso di allontanarmi dall'ambiente insapore dei grossi siti senza anima, ho avuto la proposta di "lavorare" presso una di quelle decine di piccoli/medio siti convinto di trovarmi più a mio agio e di avere la sicurezza di scrivere ciò che mi pareva guidato solo dalla passione. Purtroppo le sorprese non sono mancate ed ho ben presto capito come molte di queste realtà (per carità non tutte sia chiaro) tendono a comportarsi.

Già sappiamo che il grande sito videoludico, a causa delle sopracitate pressioni scaturite dallo stretto legame con i produttori e i distributori, tende, più o meno volontariamente, a distorcere o addirittura mentire nel momento in cui pubblica i propri articoli. Questo è semplice da capire e comprensibile (anche se non condivisibile).
Sconosciute ai più, invece, risultano essere le motivazioni che spingono un piccolo sito, che stretti legami con i publisher non possiede, a scrivere articoli poco affidabili. In questi casi il pericolo non è una recensione "aggiustata", ma piuttosto una ben più grave recensione "sporca", ossia fatta senza realmente provare con mano il gioco recensito.

Ma perchè fare ciò ?

Chi apre un sito sul mondo dei videogiochi (preferendo questa via a discapito del blog per esempio) molte volte (come è capitato anche nei siti dove ho "lavorato") ha come meta quella di diventare un BigSite nel minor tempo possibile senza interessarsi troppo a differenziarsi da quelli già affermati e senza preoccuparsi di dare una personalità vera al proprio sito. Purtroppo questo porta alla ricerca spasmodica di una sola cosa: il numero di visite.
Ma come si ottengono molte visite? Semplice. Recensendo giochi al DayOne e basando tutto sulla quantità piuttosto che sulla qualità. Ecco dunque che, per strappare qualche click in più, anche il piccolo sito vede nella recensione "sporca" una scorciatoia molto attraente.

Così è stato dove ho lavorato (e di cui dare i nomi nè mi interessa, ne è lo scopo dell'articolo) e così spesso accade. Cito testualmente, parola per parola, senza inventare nulla le frasi che più mi sono rimaste impresse nelle varie esperienze in questi piccoli siti:


"Tornando ai lavori sporchi, io sono uno che non gliene frega niente se si bara o no. E' qualcosa da fare e la faccio senza farmi troppi scrupoli"

"Io sinceramente non vedo nessun dramma nella pubblicazione di un lavoro sporco"

"Se si fà una recensione senza avere tra le mani il gioco non vuol dire che non si ha tutto il materiale necessario per fare una recensione"


Potrei continuare per un bel pezzo ma penso che queste bastino e siano abbastanza brevi e coincise per far capire ciò che intendo.
Quello che ne esce è uno scenario un pò triste ed una conferma del fatto che l'esplosione di decine e decine di siti copia/incolla non ha fatto altro che saturare e abbattere la qualità dell'editoria videoludica online. Sia il grande sito, sia quello medio/piccolo vengono quindi sedotti, chi per un motivo chi per un altro, dalla ricerca del numero di visite portando al medesimo risultato: poca qualità, poca credibilità e poca personalità.

Come muoversi dunque? Come farsi una opinione su un gioco da comprare? Di chi fidarsi?
Come sempre il commento di un amico vale 100 recensioni di qualunque pseudo-esperto. Una buona soluzione può essere dunque chiedere pareri ad amici (sia di persona che online nei vari social network) oppure farsi una propria opinione guardando videogameplay su Youtube oppure ancora affidarsi ai Blog nei quali nel 99% dei casi la passione per lo scrivere travalica la semplice e banale ricerca di visite e nei quali chi scrive lo fà solo guidato del piacere di farlo.


20 dicembre 2011

RAYMAN: METAFORA DEI VIDEOGAMES ODIERNI?











Ricordo bene il giorno in cui, preso dall'entusiasmo per la notizia di un ritorno alle origini della mascotte made in Ubisoft, scaricai e provai la demo di "Rayman: Origins". Mi bastarono pochi secondi per capire che quel gioco era un gioco eccellente, magico e carismatico. Sarà un successone di vendite, mi dissi. Ad avallare il mio pensiero ci furono recensioni entusiastiche, commenti sui forum di utenti rapiti dalla produzione Ubisoft e file di giocatori disposti, a parole, a comprarlo al Day 1.

Arrivato il D1, però, tutto si sgonfiò e le vendite non arrivarono, trasformando "Rayman: Origins" in un vero e proprio flop videoludico. Scarsissime vendite in Europa (non è arrivato nemmeno tra i primi 40 giochi nella classifica di vendite Inglese) e risultati ancor peggiori negli Stati Uniti (solo 50'000 misere copie vendute nella settimana di lancio) hanno convinto Ubisoft ad abbassare il prezzo di copertina di Rayman a meno di 1 mese dalla sua uscita.

Ma cosa diavolo è successo ?
Facile la risposta. In poche parole "Rayman: Origins" non è stato altro che l'ultima delle vittime di questa generazione videoludica. Generazione nella quale il numero di "casual gamers" ha di gran lunga sorpassato il numero di giocatori meno superficiali. Le Software House (tra cui paradossalmente la stessa Ubisoft) stanno capendo inoltre che è più conveniente e redditizio scommettere su brand più "ignoranti" ma ben pubblicizzati e farne uscire un capitolo dopo l'altro con cadenza annuale facendo modifiche marginali. Poco rischio, alto ricavo ed effetto ammortizzazione dei costi di produzione più che ottimo. Ecco dunque che FPS come "Modern Warfare 3" abbattono tutti i record di rapidità di vendita, giochi sportivi come "Fifa" (ogni anno un semplice aggiornamento delle rose, siamo onesti suvvia) fanno il tutto esaurito e giochi discreti (non pessimi sia chiaro) come Assassin's Creed riescono a creare profitti enormi.

Poi ci si chiede come mai le Software House continuino a produrre sempre gli stessi giochi e non rischino qualcosina in più. Alla fine sono aziende con dipendenti che vanno pagati e, giustamente, il profitto è il loro scopo primario (non sono certo degli "enti no profit per la salvaguardia della cultura videoludica"). Seguono l'onda piuttosto che "educarla" ed è giusto sia così. Questo, però, porta ad un appiattimento verso il basso del livello qualitativo dell'industria videoludica.

Dopo quello che è successo all'ottimo "Rayman: Origins" perchè un'azienda videoludica dovrebbe rischiare e guadagnare poco (e forse), quando può con pochi sforzi guadagnare molto e senza rischi ?

18 dicembre 2011

CONTEST NATALIZIO: "CHRISTMAS LIKE BATTLE"

Per festeggiare il Natale che è ormai alle porte e per ringraziare tutti i lettori che hanno avuto il buon cuore di leggere il mio Blog senza inviarmi insulti o minacce varie, ho pensato di fare una cosa simpatica. Sulla Pagina Facebook di Dojogames ho aperto un sondaggio all'interno del quale dovete scegliere quale dei seguenti 3 capolavori per Playstation 1 è quello che preferite:

- Rayman
- Gran Turismo 1
- Heart of Darkness

Una volta concluso il sondaggio (si chiuderà proprio il 24 Dicembre sera), tra le persone che hanno votato il gioco vincitore verrà estratto il fortunato che lo riceverà in omaggio come regalo di Natale (ovviamente spedizioni comprese altrimenti che regalo sarebbe).

Per votare e partecipare dovete andare sulla Pagina Facebook di Dojogames che trovate QUI e rispondere al sondaggio che troverete in "Bacheca" o in "Domande".

Il contest è riservato agli iscritti alla "Pagina Dojogames" quindi assicuratevi di cliccare su "Mi Piace" per parteciparvi. Per fare in modo che vinca il vostro gioco ed averlo come regalo di Natale, fatevi aiutare dai vostri amici invitandoli a partecipare "Condividendo" il contest su Facebook e passando parola come più vi aggrada.

Augurando un buon Natale e buone feste (magari con una fetta di panettone in una mano ed il pad nell'altra) vi ringrazio per le visite, i commenti ed i messaggi inviati :D